Chrétien de Troyes- I romanzi cortesi

Chrétien de Troyes è l’autore a cui si devono i più famosi romanzi arturiani di sempre. Chi non conosce, almeno per sentito dire, Lancillotto e la sua carretta? o Ivano, prode cavaliere del leone? Chi non conosce la storia del Santo Graal? Moltissimi dei temi più amati della Materia di Bretagna nascono dalla penna di uno scrittore originario di Troyes, nello Champagne. Ma chi era quest’uomo e cosa sappiamo su di lui? Chi era Chrétien de Troyes?

Prima di Dante

Chrétien è considerato il più grande poeta medievale prima dell’avvento di Dante Alighieri. Non un titolo da poco. Prima di Dante perché Chrétien fu sicuramente attivo nel XII secolo. Il più grande perché i suoi romanzi ebbero un successo strepitoso, e le sue opere furono richieste e lette in molte corti.
Tuttavia pochissimo sappiamo di quest’uomo, e quel poco che sappiamo ce lo racconta lui stesso negli incipit dei suoi lavori. Probabilmente era nato a Troyes intorno al 1135, ma nulla sappiamo dei suoi anni giovanili. Chrétien potrebbe essere stato un chierico, sicuramente era abbastanza colto da esserlo. Ma secondo alcuni l’esperienza sugli armamenti che dimostra lo rendono anche un possibile araldo d’armi.
Passò quasi tutta la vita alla corte di Troyes ma negli ultimi anni si legò a Filippo d’Alsazia. Forse viaggiò; di certo conosceva molte città inglesi, ma di sicurezze non ne abbiamo.

Le opere di Chrétien; Erec e Cligés

Alcuni dei lavori del poeta sono andati purtroppo perduti. Quelli che ci rimangono hanno consegnato Chrétien de Troyes alla leggenda.
Erec et Enide è il primo dei suoi romanzi arturiani (1165-1170 ca.) e racconta la storia di due sposi ed amanti perfetti, ma che giungono a questa perfezione dopo lunghe peripezie. Erec è un cavaliere pieno di cortesia ed Enide una donna bellissima. Tuttavia la vita coniugale porta il primo ad ignorare i suoi doveri di cavaliere; per ristabilire il suo onore Erec parte con la moglie per dimostrare che cavalleria e amore non sono incompatibili.
Cligés (1176 ca.) è probabilmente il più atipico dei romanzi di Chrétien. L’ambientazione è infatti bizantina; seguiamo sia le avventure dei genitori di Cligés che quelle del giovane stesso. Quest’opera è in aperto conflitto con l’avventura di Tristano e Isotta e ripropone situazioni simili ai quali Chrétien fornisce però soluzioni completamente diverse.

Due visioni dell’Amore; Ivano e Lancillotto

Ivano o il cavaliere del leone (1170-80 ca.) costituisce una sorta di specchio di Erec; il cavaliere abbandona la sua donna alla ricerca di avventure e dovrà poi riconquistarla. Un maestoso leone, che il cavaliere salva nella foresta, accompagna l’eroe in parte delle sue avventure. Scritto in contemporanea è il Lancillotto, o il cavaliere della carretta. Sembra che Chrétien non apprezzasse tanto il tema dell’opera, l’amore adultero fra Lancillotto e Ginevra. Sappiamo che scrisse quest’opera per desiderio di Maria di Champagne e che lei suggerì il tema. Chrétien non lo portò nemmeno a termine, ma ne affidò il proseguimento a Geoffroy de Lagny mentre lui continuava l’Ivano. Il poeta aveva speso molte forze per sottolineare nei romanzi precedenti come l’amore coniugale vincesse su quello passionale e adultero. Il tema proposto dalla sua protettrice era evidentemente poco interessante per lui e a Lancillotto non riserva critiche feroci.

L’immensa eredità del Graal; Chrétien de Troyes e il Perceval

Con il suo ultimo romanzo Chrétien introduce il tema più fortunato fra quelli arturiani; quello del Graal. Il Perceval, o il cavaliere del Graal è un racconto di formazione, dove un giovane parte alla corte di re Artù per entrare nell’ordine della tavola rotonda. Perceval è un eroe puro, che si forma sul campo di battaglia arrivando ad arricchire il suo essere fino alla perfezione. A questo personaggio in crescita Chrétien affianca un personaggio già formato, Galvano. Ma ciò per cui il romanzo è ricordato è soprattuto la prima apparizione del Graal. Perceval arriva al castello del Re pescatore e qui assiste all’improvvisa processione del Graal. Quando la sacra coppa gli passa davanti agli occhi, egli non è in grado di dire nulla. Il silenzio è dovuto a un peccato commesso e a causa di questo il cavaliere perderà per sempre la possibilità di ritrovare il Graal, nonostante gli sforzi.