I cinque motivi per cui non conosci realmente re Artù

C’era una volta un re

Che un po’ tutti conoscano la figura di re Artù non è un mistero, ma in quanti sanno realmente di cosa parliamo quando parliamo del leggendario re di Bretagna?
Se usciamo dalle solite nozioni e immagini impresse a fuoco nella memoria occidentale, la spada nella roccia, Camelot, Ginevra e Lancillotto, ci accorgiamo che la Materia di Bretagna, l’insieme di testi che compongono il ciclo arturiano, è in realtà un corpus enorme di racconti, dove Storia, leggenda e mito si sono intrecciati per creare un’immensa quantità di avventure.
Spesso queste opere non vengono studiate, ma appena scalfite da un veloce passaggio; tuttavia le gesta dei cavalieri di Artù ha eco ancora oggi, ed è giusto approfondirne il significato. Ma che cosa sapete esattamente di questo re? Ecco 5 cose che probabilmente vi sfuggono:

1. Artù non è mai esistito

È il caso che ve ne facciate una ragione; Artù non è un personaggio storico.
Le fonti che possediamo sono delle narrazioni di fantasia dove alcuni storici provarono a costruire un mito d’origine forte per la propria nazione. Quale miglior occasione se non quella di scrivere una storia delle isole britanniche intrisa di mito e con un inarrestabile re come protagonista?
Il primo a provarci fu Goffredo di Monmouth, che nel 1136 scrisse L’Historia regum Britanniae.  Fu proprio Goffredo a dirci che Artù scacciò i sassoni dall’isola britannica in 12 epiche battaglie (V secolo). Dice anche che Artù avrebbe conquistato tutta Europa se non fosse stato per il tradimento del nipote Modred. Anche altri autori del V secolo riportano memoria di queste battaglie; tuttavia nessuno parla di Artù, ma emerge solo la figura di un generale a cui si dovette il successo dell’impresa. Quindi, se un Artù storico è esistito, questi doveva essere un Signore della guerra. Sicuramente una figura importante, ma molto meno di quello che la leggenda ci ha fatto credere…

2. La leggenda di Artù nasce nel Galles

Le prime apparizioni di Artù sono all’interno di alcuni testi gallesi. Diverse opere riportano la figura del re, appena un abbozzo rispetto a quella che troveremo nei testi più tardi. Di questi il più famoso è sicuramente il Mabinogi (o Mabinogion). Questa raccolta di testi è del XIV, ma ha sicuramente un’origine molto più antica. Qui si trova il più antico racconto su Artù, Come Culhwch sposò Olwen Il Sogno di RhydderchInoltre appare un racconto connesso con la figura di Merlino, personaggio che godeva in Galles di una propria autonomia e di una vasta presenza in vari racconti, ne La storia di Lludd e Llefelys. Appaiono inoltre alcuni eroi della corte arturiana come Erec, Perceval e Yvain.

3. Il maggior successo delle avventure di Artù si deve alla Francia

Benché l’origine sia sicuramente gallese, e l’inizio della leggenda si faccia risalire a Goffredo di Monmouth, è in Francia che il successo dei racconti arturiani esplose. Nel XII secolo l’Europa stava attraversando un’ondata di rinnovamento letterario, e si concentrava sul genere del roman. Gli aspetti principali del roman sono racchiusi nel concetto di Cortesia. Dall’Inghilterra giungeva intanto la traduzione in francese dell’Historia regum Britanniae, il Roman de Brut di Robert Wace (1155).
L’incontro fra la concezione del romanzo d’amore francese e i personaggi epici cavallereschi della corte arturiana, diedero vita alla “Materia di Bretagna”. Il più grande autore della materia è sicuramente Chrétien De Troyes, attivo alla corte di Troyes fra il 1160 e il 1190. Lui ci ha regalato i più noti romanzi arturiani; Erec e EnideCligèsLancillotto o Il cavaliere della carrettaIvano o Il cavaliere del leone, e Perceval o Il racconto del Graal. 

4. Artù è solo un personaggio secondario del suo ciclo

Dire che le avventure di Artù sono giunte fino a noi non è poi così giusto. Più giusto è forse dire che le avventure dei suoi cavalieri sono giunte fino a noi. Il grande successo dei romanzi cortesi di Chrétien non è dovuto ad Artù, ma ai giovani guerrieri della sua corte. La produzione letteraria dal XII secolo in avanti si concentrerà soprattutto su Lancillotto, Galvano, Perceval. Questi e altri cavalieri saranno impegnati in varie Quest, ovvero avventure. In seguito, la maggior parte delle storie arturiane vennero raccolte ed organizzate in un unico ciclo, la Vulgata; tuttavia Artù trova spazio soprattutto nel secondo libro, il Merlino, e nell’ultimo, La morte di Artù. La maggior parte della narrazione è incentrata su altri personaggi: la corte arturiana fa da sfondo a questi eventi.

5. Se Artù fosse esistito non avrebbe giostrato

Le avventure arturiane sono state rimaneggiate per secoli; se Goffredo è stato il primo, nel 1136, Sir Thomas Malory scrisse dello stesso tema nel 1485. È interessante notare che ogni autore che scrisse della materia di Bretagna la riportò al suo proprio tempo.

Un cavaliere che giostra

La storia di Artù si rifà al V secolo, eppure i racconti della sua corte prevedono tornei, castelli, valvassori. Gli autori medievali tendevano a riportare il tempo del racconto al loro stesso tempo, per cui l’immagine dei cavalieri in armatura a cui siamo abituati sono un altro dei miti da sfatare che dobbiamo cominciare a rimuovere. L’Artù letterario giostrava (forse), quello meta-storico di sicuro no.